“Caro, ricordati che questo fine-settimana c’è il saggio finale del mio corso di burlesque”
“No, amore, è il prossimo. Ricordi? Venerdì andiamo a caccia di Ufo, poi c’è il tuo saggio. E il sabato dopo siamo al Festival del manga”.
Conversazione surreale? Sì, ma non troppo. Tecnicamente, si chiama turismo delle passioni. Di fatto, è la frontiera ludica di quel “Famolo strano” che Ivano (alias Carlo Verdone) propone a Jessica nel film-cult “Viaggi di nozze”, anno Domini 1995.
Sono viaggi a corto raggio: quelli che gli esperti chiamano “short-stay”. Consumati quasi esclusivamente in Italia: l’88,6 per cento, secondo una ricerca della società JFC Tourism & Management. Non costituiscono quasi mai la vacanza primaria. E non si fanno con la famiglia, né con gli amici di sempre: sono trasferte settarie. Roba da tribù, dice la ricerca.
Per più di un italiano su tre, la passione è una e soltanto una. Una monomania, verrebbe da dire. Basta pensare al collezionismo o al modellismo.
“Sono cifre rilevanti, parliamo di poco meno di 13 milioni di italiani che soggiornano fuori casa per quasi 38 milioni di notti”, spiega Massimo Feruzzi. Nel calderone finiscono anche lo sport, l’enogastronomia, i concerti, le mostre. Ecco la suddivisione nel dettaglio:
Tra le attività originali in grande spolvero ci sono i comics, ovvero cartoni animati e fumetti. Una passione capace di far spostare da casa propria 174 mila Italiani per partecipare a eventi, scuole, corsi e appuntamenti vari. Qui la parte del leone la fanno i manga, i fumetti giapponesi, siano erotici o no. L’Accademia europea ospitata in un casolare seicentesco nelle campagne di Volterra, organizza corsi domenicali in otto città d’Italia (500 euro per sei ore di lezione, Walt Disney avrebbe guadagnato più così che con i diritti cinematografici); se poi vi appassionate e superate il corso accademico, lo stage finale sarà direttamente in Giappone, costo non precisato.
Il turismo delle passioni può anche rivelarsi vagamente sessista: lei da una parte, lui dall’altra. Più facile, per dire, che dei 39 mila italiani che praticano gli sport del passato, i maschi siano la stragrande maggioranza; anche se non si può escludere a priori che qualche donna si faccia trascinare nel tiro alla fune, il calcio fiorentino (in realtà, più simile al rugby e molto violento) o il tamburello.
A specchio, facendo ricorso ai luoghi comuni, saranno quasi esclusivamente donne a comporre quei 68 mila italiani che soggiornano fuori casa per 180 mila notti all’anno per dedicarsi al ricamo (perline e pailettes incluse): tra un corso nei vigneti, un gemellaggio e una più impegnativa scuola c’è di che sbizzarrirsi. Ma queste sono passioni abbastanza… statiche. Per le donne sprint c’è ben altro all’orizzonte. I corsi di autodifesa sono ormai un fenomeno consolidato, ma avete mai frequentato un addestramento Krav Maga? Tecniche anti-aggressione mutuate dall’esercito israeliano, con tanto di federazioni in competizione tra loro.
Se cercate qualcosa di più hard, il Brazilian Jiu Jiitsu è quello che fa per voi: sostanzialmente, vale tutto o quasi. In realtà, le donne dovrebbero essere antropologicamente attratte più dalla seduzione, che dalla violenza. E allora, vai con i corsi di burlesque e di lap-dance, che hanno reso piuttosto demodé la danza del ventre. Il burlesque va forte, soprattutto a Milano. Guanti e boa inclusi nel prezzo, le scarpe col tacco invece bisogna averle con sé. Il senso ultimo? “Ti insegnamo a scoprire la diva che c’è in te”. Tra le materie: Bumps & Grind, Shimmy e Tassels Twirling.
Molto frequentati i corsi di lap-dance (in realtà pole-dance, più soft almeno nelle intenzioni) per casalinghe, nelle loro varianti dai nomi un po’ sensuali e un po’ impegnativi: il cardio strip , ad esempio, non fa venire l’infarto a lui che guarda, ma “tonifica gambe e braccia – leggiamo su un sito – mentre si impara a togliersi gli abiti in modo hot” mentre la Lap Gym “tonifica i muscoli e insegna a diventare provocanti”. E guai a dimenticarsi del Tantra Fitness.
In senso lato, nel capitolo “arte della seduzione” rientra anche la capacità di accattivarsi colleghi e capi: corsi e seminari di training autogeno, empatia, ovvero la programmazione neuro-linguistica: “Il meglio di te e dagli altri”
Ma qui siamo ancora nell’ambito delle passioni tutto sommato… accettabili. Dal normale al paranormale, il passo è presto fatto, almeno sul web. Si potrebbe partire dal turismo alieno: secondo JFC, non meno di 11 mila italiani si spostano da casa propria per soggiornare nei luoghi dove si dice siano avvenuti rapimenti o avvistamenti di ufo. Il Veneto (e il Polesine in particolare) pare sia terra d’incontri fecondi ma non regge il confronto con Torriglia sopra Genova, dove alla fine degli anni Settanta il metronotte Pier Fortunato Zanfretta avrebbe incontrato più volte i suoi Dargos, alieni verdi e alti tre metri, “ma pacifici”.
Il passo successivo potrebbe essere dormire nei castelli popolati da fantasmi con tanto di bambini al seguito, magari seguendo pedissequamente la Top 10 dei luoghi più infestati.
Un po’ meno impegnativo, ma sempre proibitivo per chi soffre di cuore, è il filone delle pyro-vacanze. Ovvero, i tour per gli appassionati dei fuochi d’artificio: 26 mila italiani che impazziscono per mortaretti e “fontane”, tanto che la Regione Liguria si è inventata un vero e proprio pacchetto turistico a tema.
Sono di tendenza anche i corsi di decoupage (carta, legno, ceramica: vale tutto) abbinati a una “vacanza creativa” mentre non tramonta il filone del giardinaggio, trainato da bonsai e orchidee. Sarà per la crisi o per la coda della sobrietà di montiana memoria, sta invece perdendo colpi una delle forme di turismo più stravaganti: la caccia al vip, con buona pace di Porto Cervo, Capri e compagnia cantante:
Nella sua ricerca, JFC ha censito la bellezza di 725 passioni “capaci di generare flussi turistici”. La geografia dei viaggi “famolo strano”, o meglio delle regioni con la maggior concentrazione di “turisti delle passioni”, vede primeggiare il Veneto, seguita da Lombardia e Puglia.
Il turismo delle passioni, stravaganti o no, fa guadagnare soprattutto il settore ricettivo (71,5 per cento) lasciando il restante 28,5 per cento ai servizi. Un esercito di 33 milioni di italiani che si muovono all’interno del paese generando un business di un miliardo 420 milioni di euro per il solo settore dell’ospitalità e altri 566 milioni di euro per i servizi complementari e indotti.
Per così dire fuori classifica, due ultime segnalazioni. La prima è il turismo da freccette, ma guai a chiamarle così: i cultori dei Darts se ne avrebbero a male. I tornei riempiono i palasport e gli alberghi. La seconda, più passione che turismo, è il fenomeno Gnammo , molto in voga. Ovvero, l’organizzazione di cene o aperitivi social: in pratica, ognuno può decidere di fare una cena in un dato luogo (a casa sua, ad esempio), dargli un tema, stabilire una quota per persona e il numero minimo di partecipanti. Gli “gnammers” possono scegliere se andare a cena da qualcuno o partecipare a un evento. Se si raggiunge il numero minimo di partecipanti, la cena si fa, l’organizzatore prepara l’evento e l’incontro è in genere molto informale.
Qui la versione di questo mio articolo sull’Espresso online il 12 febbraio del 2014